FeliceScardicchio - Sopravvivenza e Vita Eterna

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FeliceScardicchio

Articolo della Gazzetta del Mezzogiorno
MARCELLO COMETTI

Felice Scardicchio era un uomo buono. Un medico entusiasta del suo lavoro, entusiasta del suo rapporto con il paziente, che per lui non era mai un'entità astratta una cui parte s'era inceppata, ma un insieme di emozioni e di problematiche corporee, di psiche e di soma, che andava riportato all'unità, all'Uno che dorme in tutti noi, all'armonia dell'insieme che governa alla fine ogni nostro organo, ogni nostro pensiero. Se n'è andato troppo presto, questo medico sperimentatore e studioso, vinto alla fine da una malattia che lui combatteva con eccezionale energia da otto anni. Vinto, ma non sconfitto: perchè le sue conoscenze, le sue sperimentazioni nel campo della medicina "altra", sul suo stesso essere hanno dimostrato la possibilità di allungare di molto una prognosi infausta in partenza e soprattutto di alleviare notevolmente - affiancando le terapie convenzionali - le molteplici e spiacevoli conseguenze della medicina "chimica" e radiologica.
Era nato 68 anni fa nel quartiere "Tamburi", imparando ben presto a convivere col colosso siderurgico che a poche centinaia di metri da casa sua sputava fuoco e veleni. Nella pancia del mostro era entrato da operaio, e da operaio s'era laureato in Medicina, studiando di notte, caparbio e appassionato. E così dentro l'Ilva aveva poi lavorato per lunghi anni come medico di fabbrica, sempre umano, sempre disponibile, sempre attento a non svendere la salute dei suoi "assistiti" sull'altare della prepotente ragion di Stato propugnata da chi, sopra di lui, pretendeva che nessun malessere trapelasse all'esterno, e tutto fosse sempre ricondotto nell'alveo della "normale amministrazione".
Uscito dalla fabbrica e orientatosi alla libera professione, ben presto si approcciò alla medicina alternativa, studiando l'omeopatia, l'omotossicologia, la microimmunologia. Decisivo fu, su questo versante, il sodalizio umano e professionale che strinse con un altro grande medico, l'immunologo milanese Cesare Santi, l'allievo prediletto del prof. Speciani. Scardicchio e Santi si conobbero nelle sale dei Convegni organizzati annualmente dalla onlus "Sopravvivenza e vita eterna", allacciando un'amicizia che andava ben oltre la comune area di interesse professionale, e proponendo anno dopo anno percorsi di ricerca e di formazione sempre più interessanti. La scomparsa di Santi, ad agosto dello scorso anno, rappresentò un duro colpo per Scardicchio, ma fu anche uno sprone per continuare la sua battaglia di verità e di conoscenza, anche in nome dell'amico deceduto.
Ma chi era davvero Felice Scardicchio? Per comprendere l'originalissimo impasto di scienza e di fede che lo animava, basterebbe rileggere il suo libro "La Speranza", pubblicato all'inizio dello scorso anno dall'editore Gagliano di Bari. Ancora oggi il libro di Felice Scardicchio sprigiona speranza in tutte le sue pagine. La sua traversata dentro il mare procelloso della malattia, il modo in cui viene raccontata, l'incredibile e meravigliosa sequenza di fatti ed episodi che hanno il fulgore luminoso del miracolo, l'approdo finale ad una guarigione che è innanzitutto e maggiormente una guarigione dell'anima, tutto sembra costantemente un inno alla speranza.
Questo è il messaggio che Felice ci ha affidato, questo il messaggio che dobbiamo sforzarci di portare sempre nella nostra memoria più intima. Coltivando sempre quel senso comunitario di speranza che ci sorregge anche nella sorta più avversa. Perchè "la speranza - ammonisce don Luigi Ciotti in un suo libro bellissimo, "La speranza non è in vendita" - o è di tutti o non è speranza. È vera opportunità che parte dalle piccole cose, dalla forza che ognuno di noi ha nel mettersi davvero in gioco. E se il male grida forte, la speranza in un mondo migliore grida ancora più forte”.


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